comunicati stampa

ANZIANI E SOLITUDINE UN GRAVE PROBLEMA SOCIALE. GRAVISSIMO SE ASSOCIATO A POVERTA’ IL CUI DATO SI ATTESTA A OLTRE 700 MILA PERSONE

Tante, troppe, sono le emergenze che il nostro Paese deve affrontare e cercare di risolvere: dal lavoro soprattutto per i giovani, alle diseguaglianze in essere, alla sanità, ecc..

Tra queste emergenze spicca quella relativa ad una particolare categoria facente parte dei cittadini anziani, cioè quelli che vivono in stato di indigenza e perlopiù in solitudine.

Da una elaborazione effettuata su dati Istat risulta nei suoi dati quantitativi che le persone anziane nell’intero Paese che abbiano oltre 65 anni si attestino a 14.4 mln pari al 24 % dell’intera popolazione. Disaggregando i dati tra maschi e femmine risulta che sull’intera popolazione anziana la prevalenza piuttosto eclatante è ascrivibile alla specifica  ”donne”  che si attesta a 7.7 mln pari al 57 % del totale.

Anziani in povertà assoluta

Il 5.4% di questa platea vive in povertà assoluta. Pari a 778 mila individui, in aumento dal 2018   in cui si attestavano a 621 mila.

Per calcolare e definire quantitativamente quanti vivano in “solitudine”, dai dati demografici si evince:

i celibi risultano essere 990 mila –   i vedovi 3.8 milioni –    i  divorziati  501 mila

per un totale di circa 5.3 mln pari al 37% dell’intera popolazione anziana (oltre 65 anni) e che possiamo per approssimazione, ma realisticamente considerare che  vivano in solitudine.

Con identica percentuale (57%) il calcolo disaggregato maschi-femmine in “solitudine”, risulta:

dei 5,3 mln di individui in solitudine 3.0 mln sono donne e 2.3 mln uomini

 Anziani “soli e poveri”:

Con questi dati possiamo comporre l’abbinamento francamente drammatico “povertà e solitudine”.

La platea di anziani in solitudine è pari a 5.3 mln. Con identico dato percentuale della Povertà Assoluta (5.4% ) si può realisticamente calcolare la totalità dei soggetti che abbinino “povertà e solitudine” e che sia pari a 280 mila di cui 159 mila donne e 121 mila uomini.

Una tale problematica – dichiara Rosario Trefiletti Presidente di C.C.I. –   pone seri problemi economici, sociali ed anche etici poiché ha pesanti ricadute sulle condizioni di vita in tutte le sue implicazioni negli individui coinvolti: dalla riduzione in quantità e qualità dei consumi alimentari, alle questioni ancora più gravi relativamente alle cure sanitarie.