ANALISI COLDIRETTI CONSUMI ORTOFRUTTA: COLDIRETTI -12% EXPORT ORTOFRUTTA MINIMO DEL DECENNIO Record per i consumi nazionali che raggiungono i 9 miliardi di chili nel 2018
Le esportazioni di
ortofrutta Made in Italy sono crollate del 12% nel 2018 su valori minimi
dell’ultimo decennio sotto i 4 miliardi di chili. E’ quanto emerge da una
analisi della Coldiretti in vista del Fruit Logistica di Berlino la principale
fiera internazionale di settore in Europa alla quale partecipa il 6 e 7
febbraio il Presidente Ettore Prandini. Un motivo di forte preoccupazione degli
operatori diretti in Germania dove si consuma circa 1/3 dell’ortofrutta Made in
Italy esportata e si registra – sottolinea la Coldiretti – un preoccupante calo
del 7% delle spedizioni dovuto sia a problemi contingenti che strutturali.
Tra la frutta più esportata nel mondo il dato peggiore è quello delle mele che
crollano in quantità del 41% nel 2018 rispetto all’anno precedente ma va male
anche ai kiwi che perde il 16% mentre l’uva limita i danni a un -3%. Pessimo il
risultato delle pesche – continua Coldiretti – che incassano un decremento del
30% netto. Tra gli agrumi, profondo rosso pure per le clementine, con le
quantità esportate in diminuzione del 33%, mentre i limoni tengono con un -3%.
In difficoltà – prosegue la Coldiretti – anche gli ortaggi, dove il maggiore
crollo si registra per le patate, con le vendite diminuite del 35% in quantità
nel 2018. Male anche le cipolle che perdono il 17% all’estero. Calo del 3% pure
per i ravanelli.
Una situazione profondamente diversa di quella che si verifica a livello nazionale dove il 2018 ha fatto segnare il record dei consumi di frutta e verdura degli ultimi venti anni, con quasi 9 miliardi di chili nel carrello, in aumento del 3% rispetto all’anno precedente. Mai così tanta frutta e verdura sono state consumate in Italia dall’inizio del secolo per effetto soprattutto di una decisa svolta salutistica che ha contagiato i giovani che – sottolinea la Coldiretti – fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie
Un cambiamento che l’Italia purtroppo non è riuscita ad agganciare all’estero dove – continua la Coldiretti – sconta un ritardo organizzativo, infrastrutturale e diplomatico. Un freno alla crescita e alla possibilità di penetrare nelle nuove economie emergenti, soprattutto dell’oriente, che lascia l’Italia cosi fortemente dipendente, per alcune produzioni in modo esclusivo, dalla vecchia e stagnante Europa. Alle problematiche legate alla logistica, alle barriere fitosanitarie e alla burocrazia si aggiungono le scelte di politica generale che hanno spesso usato il settore agricolo come merce di scambio come nel caso dell’embargo della Russia deciso come ritorsione alle sanzioni Europee.
A pesare su un patrimonio ortofrutticolo nazionale di 1 milione di ettari che vale oltre il 25% della produzione lorda vendibile agricola italiana – continua la Coldiretti – è anche la concorrenza sleale sui mercati dell’Unione Europea dei prodotti provenienti da paesi extracomunitari che sono spesso il risultato dello sfruttamento del lavoro, anche minorile, o, dell’utilizzo improprio di prodotti chimici, in alcuni casi sono vietati da decenni in Europa, che mettono in pericolo per l’ambiente e la salute. Lo dimostra il recente pronunciamento della Corte dei Conti Europea sulle sostanze chimiche negli alimenti si sottolinea il mancato rispetto nei cibi di provenienza extraUe degli stessi standard di sicurezza Ue sui residui di pesticidi e si chiede alla Commissione Europea di spiegare “quali misure intende adottare per mantenere lo stesso livello di garanzia sia per gli alimenti prodotti nella Ue che per quelli importati”.
Infatti il numero di
prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari è stato
pari al 4,7% per quelli provenienti da paesi extracomunitari rispetto alla
media Ue dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia secondo le elaborazioni
Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di pesticidi rilevati sugli
alimenti venduti in Europa effettuata dall’ Efsa. In altre parole i prodotti
extracomunitari sono 4 volte più pericolosi di quelli comunitari e 12 volte di
quelli Made in Italy. Sotto accusa sono spesso le importazioni incontrollate
dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione
Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al
Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine
o all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi –
continua la Coldiretti – fortemente contestati perché nei paesi di origine è
spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in
Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di
dumping sociale per il basso costo della manodopera.
“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed
europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti,
italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di
qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute.” afferma il
Presidente della Coldiretti Ettore Prandini che incontrerà i produttori italiani
presenti alla manifestazione a Berlino nel sottolineare pero’ la necessità di
“superare l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse per la
promozione del vero Made in Italy all’estero puntando a un’Agenzia unica che
accompagni le imprese in giro nel mondo sul modello della Sopexa e ad investire
sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei
contratti commerciali” A livello nazionale – conclude Prandini – serve un
task-force che permetta di rimuovere con maggiore velocità le barriere non
tariffarie che troppo spesso bloccano le nostre esportazioni ma anche trasporti
efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci
permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e
poi in ogni angolo d’Europa e del mondo.
sdprio